Continua la mia ricerca spirituale su come spiegare la morte alle mie figlie. Dal mio primo blopost sull’argomento, Alice e Rebecca – 3 anni – ancora non mi hanno fatto domande sull’argomento. E magari vi starete chiedendo perché dovrei occuparmene ora. Beh, la domanda prima o poi mi verrà posta e poi credo che ogni essere umano dovrebbe approfondire spiritualmente questo argomento: riguarda ognuno di noi. Prima o poi tutti noi lasceremo il corpo e anche i nostri cari faranno lo stesso. Tanto vale arrivare preparati e – da genitori/educatori – dare le giuste risposte ai nostri piccoli. Il grande maestro Thich Nhat Hanh è stato illuminante a proposito e con gioia vi riporto la sua risposta alla domanda di un bambino: ‘’perché un giorno ci tocca morire?’’. Risposta di Thich Nhat Hanh:
Immagina che ci sia soltanto la nascita e che non ci sia la morte: un giorno non c’è più posto neanche per stare in piedi sulla terra. Morire significa lasciare posto ai nostri figli. E chi sono i nostri figli? I nostri figli siamo noi, la nostra nuova manifestazione. Il figlio è la continuazione del genitore; il genitore guardando suo figlio ha la sensazione che non morirà perché suo figlio è lì per dargli una continuazione. Se la consideri in questo modo capisci che non si muore, che si continua nei figli. Neanche tuo figlio muore, perché a sua volta continua in suo figlio, tuo nipote, e così via. La meditazione buddhista ci aiuta ad osservare in profondità per vedere che in realtà non c’è una vera morte, c’è soltanto una continuazione in altre forme.
Guarda la nuvola nel cielo. La nuvola può avere paura di morire, ma c’è pure un momento in cui la nuvola si deve trasformare in pioggia. Quello non è morire, in realtà, è cambiare forma: la nuvola si trasforma in pioggia e continua ad esserci come pioggia. Se osservi in profondità la pioggia puoi vedere la nuvola. Non c’è vera morte: si continua a vivere in altre forme. La nuvola può continuare sotto forma di neve, di pioggia, di fiume, di ghiaccio. Un giorno la nuvola può diventare un gelato. Se la nuvola non si trasformasse come potremmo avere gelati da mangiare?
Io non ho paura di morire perché mi vedo nei miei discepoli, mi vedo in te. Sei venuto qui con me ad imparare, in te c’è molto di me. Io mi sto dando a te. Se hai ricevuto da me un po’ di comprensione, un po’ di compassione e di capacità di risveglio, io continuo in te. Più tardi se qualcuno mi vorrà cercare, potrà venire da te e mi vedrà. Io non sono solamente qui [indica se stesso], sono anche qui [indica il bambino]. È quello che mi piace di più della meditazione buddhista: che ci aiuta a trascendere la morte.
Sapete che la morte è molto importante per la nascita, per la nostra continuazione. Nel corpo abbiamo numeroso cellule che muoiono ogni minuto per lasciar posto alle nuove cellule che nascono. Nel nostro corpo, nascita e morte hanno luogo in ogni istante: se non ci fosse la morte [di quelle cellule] non potremmo continuare a vivere nel nostro corpo. Nascita e morte, dunque, sono collegate: la nascita genera la morte e la morte genera la nascita. Se ci mettessimo a piangere ogni volta che muore una cellula del nostro corpo rimarremmo senza lacrime; se organizzassimo un funerale ogni volta che muore una delle nostre cellule passeremmo tutti i nostro giorni a organizzare funerali. Ecco perché dobbiamo renderci conto che nascita e morte hanno luogo in ogni attimo in noi. Per questo è tanto importante il ruolo della morte. Questa è la prima risposta; la seconda è però è ancora meglio: osservandi in profondità non si vedono nascita e morte, si vede che c’è una continuazione. Se studi più a fondo avrai una visione più profonda.